sabato 17 maggio 2014

I Neet...



I Neet,  un esercito di giovani e adulti che si sono arresi!
Con quali effetti psicologici sulla persona? 

NEET è l'acronimo inglese di Not engaged in Education, Employment or Training, ovvero giovani e adulti non impegnati in attività formative, di studio  e che non cercano lavoro. 
Questa nuova e disperata parola sta ad indicare un folto gruppo di donne e uomini, di età compresa tra i 16 e i 29 anni, che al momento, per vari motivi, non ricevono un’istruzione, non si preparano ad una professione e non cercano neanche più un’occupazione. I primi studi su questa zona grigia parte dal Regno Unito, già nel 1999 si metteva in evidenza questo fenomeno di ritiro sociale, cresciuto enormemente negli ultimi anni. 
In italiano li chiamano i  né-né, termine che ne riassume tragicamente la emarginazione, la scomparsa di questi individui, che sembrano “non esistere”, visto che sono fuoriusciti dalla realtà sociale.  Scomparsi dalle statistiche, il loro disagio ricompare però altrove, non ancora sufficientemente studiato, ma possiamo immaginare quali siano le conseguenze di una vita senza prospettive, senza progetti, una rinuncia silenziosa e dolorosa all’appartenenza sociale, culturale, affettiva. 
In Italia il fenomeno pare acuirsi in particolare nella fascia 25-30 anni, in cui i neet rappresentano il 28,8% della popolazione totale, ed un ulteriore elemento su cui riflettere è dato dalle forti differenze per sesso nell’incidenza: nel 2010, la percentuale delle donne sul totale è superiore a quella degli uomini in tutte le regioni, rappresentando il 55,5% del totale dei Neet nella media del paese, il 53% nel mezzogiorno, il 57,9% nel centro ed il 59,4% nel nord.
Nell’assenza di dati specifici sulle loro condizioni psicologiche, i professionisti del settore sanitario, e non solo, incontrano quotidianamente queste persone, che esprimono un forte disagio a livello comportamentale, fisico e psichico. La sensazione di essere senza speranza, reietti e soli, conduce alcuni ad un annichilimento progressivo, che si manifesta con disturbi d’ansia, abuso di sostanze fino a problematiche di vera e propria spersonalizzazione. I Neet  sono persone che non hanno fiducia nelle proprie possibilità ma ancor meno nella società, che hanno una visione negativa della propria esperienza formativa e scolastica, persone che hanno lavorato ma in condizioni non rispettose di alcun diritto, tanto da abbandonare anche la sola speranza di un posto di lavoro soddisfacente. 
L’identità di questi soggetti è schiacciata dalla mancanza di progetti ed ambizioni; molte donne neet rinunciano ad una vita professionale dopo la nascita di un figlio, ma questa “scelta” riverbera spesso negativamente sul matrimonio, nel quale si concentrano frustrazione ed ansia che sembrano inspiegabili.  Un’insoddisfazione che nasce dalla mancanza di identità personale e sociale, dal non sentirsi parte di una civiltà che sembra camminare spedita verso il futuro lasciando i più fragili a terra. 
Questo esercito di più di due milioni di italiani scivola via verso la dispersione di sé, sottraendo le proprie energie alla società e restituendo malessere, familiare, sociale,  psichico, con conseguente attivazione dei fenomeni di medicalizzazione e istituzionalizzazione
Insomma lo stato perde forza lavoro, risorse umane e acquista fruitori di farmaci, utenti per ospedali e centri, famiglie in pezzi e, nel migliore dei casi, una massa di nuovi emigranti. 

martedì 11 marzo 2014

La gelosia nella coppia, un modo contorto per sentirsi amati

Molto si dice della gelosia, a chi piace, chi non la tollera, chi la trova parte costituiva dell’amore, chi la ammette come forma di attenzione, chi la subisce come prezzo da pagare per trattenere un amante troppo volubile. Ma parliamo dei casi in cui la gelosia rappresenta una forte limitazione alla libertà personale, non giustificata ma esercitata come un diritto naturale, non contestabile se non con un atto trasgressivo:
•Limitazioni nell’uso del proprio tempo libero, dal divieto di frequentare posti o persone al controllo del tempo (niente palestra, dopo la scuola subito a casa, non voglio che frequenti X, perché ci metti tanto? )
•Limitazioni della vita affettiva, familiare ( limiti frequentazione di parenti, genitori, amici, figli)
•Limitazioni espressione verbale ( dal semplice “no” all’espressione libera del proprio pensiero quando non gradito al partner)
•Limitazioni professionali/lavorative ( obbligo di abbandono del lavoro, limitazioni nell’esecuzione del proprio lavoro e ostacolo al successo professionale, competizione malsana)
 Questa tipologia di persona, definita semplicisticamente“gelosa”, ha una paura interna costante del mondo esterno, vissuto come predatorio e aggressivo. La disistima (per sé stesso)che prova lo porta a diffidare delle persone, fino all’estremo della paranoia. La diffidenza va dalle persone amate agli sconosciuti: nel caso delle persone amate, la normale paura di essere abbandonati si somma ad esperienze infantili di separazione/freddezza dei rapporti parentali, ed al dubbio potente di non meritare la felicità, o l’amore;
Vorrei essere amato ma temo che non accadrà, anzi sarò ferito, abbandonato, e me lo merito
di conseguenza, si finisce per odiare ciò che si ama!
Meglio tenersi alla larga dalle persone, dall’amore soprattutto, non fidarsi è meglio,
A quel punto, la persona gelosa tenta di allontanare da sé la paura trasformandola in rabbia, la previsione dell’ abbandono si combatte con il controllo, possesso fisico e psicologico della persona. La paura si perde così nei meandri della mente, la disistima viene soppiantata dal senso di potere
Io non ho paura, altro che abbandono, io sono tutto per lei/lui, e tutto controllo, sono potente
Attraverso questa serie di meccanismi, accantona la sua fragilità e si riveste di forza, autoritarietà, aggressività, tutto sembra tranne che una persona spaventata dall’idea di essere lasciata dal partner.
Questa armatura con il tempo si irrigidisce, sostenuta anche dal partner, inizialmente compiaciuto da tante attenzioni, consigli che sembrano ordini, controlli che appaiono assolutamenti innocui e necessari.
Più spesso, sono le donne a subire e sostenere certi atteggiamenti perché, a loro volta, li interpretano come messaggi di stima
Se mi controlla, mi segue, mi sconsiglia di uscire da sola, mi dice come vestire o come pensare, significa che mi vuole bene, quindi anche io valgo qualcosa
E come messaggi di protezione
Non devi pensare o fare nulla, penso a tutto io, risolvero’ i tuoi problemi
Lui appare un genitore protettivo ma ansioso e autoritario, lei una bambina fragile alla ricerca di un uomo vero, forte…
Se invece è l’uomo la vittima della gelosia insistente della compagna, spesso è un personaggio mite che apparentemente soccombe dinanzi al carattere prorompente di una donna prepotente e aggressiva, ma pronta alla remissività ogni qual volta capisce di aver tirato troppo la corda…
Ovviamente questa bolla esplode prima o poi, perché il dazio da pagare si fa sempre più elevato: lui/lei non acquisisce autostima e quindi spinge i suoi comportamenti aggressivi e controllanti sempre più in là, accusando il partner di essere la causa della sua rabbia
disistima --> paura --> rabbia --> attacco alla persona/società colpevole
il “sottomesso/a” si sente più soffocato che appagato, intuisce che il partner non è la roccia solida che cercava, non si sente più al sicuro ( niente libertà e niente protezione!) e comincia a cercare una “distrazione”, che colmi l’eterno bisogno di conferme ma meno aggressivo: fine dell’idillio, l’armatura si incrina sotto il peso della realtà, le crepe mostrano l’essere indifeso, e la paura sale alle stelle.
Ecco! Un altro abbandono in arrivo, il dramma presagito sta per compiersi, la paura si trasforma in rabbia e viene rivolta ancora una volta all’esterno
dopo tutto quello che ho fatto per lei/lui, non era niente, adesso osa mettermi in disparte, come uno straccio vecchio
La coppia che si fonda su questo reciproco bisogno di conferme, ottenute attraverso il patto io possessore/tu posseduto , non regge più, quindi mette in atto alcune soluzioni non adeguate, in primis il cambio di ruoli:
se non vuoi che ti lasci, da ora non comandi più tu, ma io, adesso mi riprendo la mia libertà,  tu non sai dove e con chi mi vedrò, io ti maltratto e tu taci, io ti impongo come comportarti…
ma non cambia nulla, il meccanismo è sempre lo stesso, uno esercita il potere ed un altro lo subisce. Il risultato è una crisi allontanata di poco ed un ciclo perverso di scambi di ruolo. Il tempo passa e la coppia dimentica cosa li ha uniti tempo addietro, perdendo la speranza in un’ unione felice e serena.
 Con l’aiuto dello psicologo, ognuno può affrontare queste problematiche, perché una volta riconosciute, sarà naturale ricercare delle soluzioni più adeguate e pacificanti. Rinunciare alla gelosia sarà semplice per chi riconoscerà che il possesso non esiste e soprattutto, non serve, perché l’autoconferma è l’unica risposta. Possedere una persona non rende meno soli, condividere la felicità invece sì.
Guardare al partner come persona distinta e libera, significa che le azioni dell’altro non ci definiscono, non ne dipendiamo, non accrescono né riducono il nostro inestimabile valore interiore
Se lei mi ama, sono felice,  ma  ciò non cambia il mio valore interiore; se lei mi lascia, mi rattristerò, ma ciò non cambia il mio valore interiore: resto amabile, valido, utile, importante!
La coppia non è un campo di battaglia dove dimostrare il proprio valore distruttivo, la supremazia, la forza, ma un posto caldo dove acquietarsi, condividere, esprimere tutta la ricchezza di sentimenti e pensieri che naturalmente ciascuno di noi possiede.
A volte dimentichiamo come si fa, ma basta poco per ritrovare la strada.